venerdì 24 gennaio 2025

I dazi di Trump (Atto Primo)

Donald Trump si è insediato lunedì come 47esimo Presidente degli Stati Uniti. E da qualche giorno su tutti i giornali si parla di possibili dazi da parte della nuova amministrazione americana (anche) su beni italiani. La questione dazi va a mio avviso analizzata da due punti di vista:

1) Dal punto di vista italiano, e quindi cercare di capire quali rischi effettivamente corrano le nostre imprese in termini di export verso gli Stati Uniti. In questo senso può esserci utile analizzare l'andamento dei flussi commerciali dal nostro paese verso gli Stati Uniti dal 2017 al 2021 (escludendo il periodo pandemico), durante gli anni della prima amministrazione Trump che già adottò politiche protezioniste.

2) Dal punto di vista americano, cioè dal punto di vista di un paese che ha ormai da anni un costante deficit di bilancia commerciale (dunque importa sistematicamente più di quanto esporta). Una delle motivazioni a supporto delle politiche daziarie di Trump è esattamente quella di riequilibrare lo squilibrio commerciale che gli States registrano da anni verso l'estero. Ma siamo sicuri che le politiche daziarie possano correggere questo squilibrio? Oppure finiranno per amplificarlo?

Oggi mi limito ad approfondire il punto di vista italiano. Come riferimento è opportuno prendere la prima amministrazione Trump, per comprendere l'impatto che i dazi della prima amministrazione ebbero sull'export italiano. 

Il primo dazio straordinario che l'amministrazione Trump impose e che colpì anche il nostro paese risale a marzo del 2018 e riguarda le importazioni di alluminio e acciaio. Si trattava di un dazio del 25% sull'acciaio e del 10% sull'alluminio. Nell'ottobre 2019, nell'ambito della disputa Airbus-Boeing presso il WTO, l'amministrazione Trump decise di imporre dazi fino al 25% su una lista di beni proveniente dall'Unione Europea (tra cui anche l'Italia) colpendo in particolare i beni agroalimentari (in particolari formaggi, salumi e liquori), vennero invece risparmiati il vino italiano e l'olio d'oliva. Nel luglio del 2020 questi dazi vennero ulteriormente confermati. Verranno invece abrogati solo nel marzo del 2021 dall'appena insediatasi amministrazione Biden.


Chi vi dice che le imprese italiane non hanno nulla da temere da nuovi eventuali dazi perchè ''durante la prima amministrazione Trump l'export italiano verso gli USA non si è ridotto'' dice una grande bugia. Chi vi dice questo vi mostra dati e grafici utilizzando l'export di beni e servizi italiani verso gli Stati Uniti commettendo un significativo errore metodologico, questo perchè i dazi di Trump, come abbiamo visto sopra, riguardavano esclusivamente beni e non coinvolgevano i servizi. Quindi ciò che è corretto fare per valutare l'impatto del protezionismo dell'amministrazione Trump sull'export italiano è scorporare l'export di beni da quello dei servizi. Prendendo dati storici da Eurostat dell'export italiano di beni dal 2010 al 2024 (ho preso dati trimestrali) verso gli Stati Uniti otteniamo quando si vede nel grafico 1:


Grafico 1




In rosso vi ho evidenziato il periodo dell'amministrazione Trump (il suo mandato termina il 1 Gennaio del 2021 ma il 2020 non lo consideriamo dati gli eventi pandemici che, se coinvolti, renderebbero la nostra analisi fuorviante). Ora, come potete vedere già dai volumi (sulla scala di sinistra in milioni di euro) rispetto al periodo precedente si registra un appiattimento del livello di export di beni durante l'amministrazione Trump. Non ci credete? Vi aiuto con il grafico 2:



Grafico 2



Dall'inizio del mandato di Trump fino al primo trimestre del 2022 l'export italiano di beni verso gli Stati Uniti è stato sotto la tendenza storica. Questo sicuramente causa covid (che dal primo trimestre del 2020 ha bloccato i flussi commerciali mondiali), ma certamente con un ruolo giocato dall'amministrazione Trump, soprattutto da quando ad essere colpiti dai dazi sono stati anche i beni agroalimentari italiani che costituiscono una parte importante del nostro export negli Stati Uniti (nel 2018 secondo InfoMercatiEsteri l'agroalimentare pesava quasi il 10% sull'export totale italiano - includendo anche i servizi- verso gli Stati Uniti). Ulteriore conferma del rallentamento dei flussi commerciali italiani di beni verso gli Stati Uniti la otteniamo calcolando il tasso di variazione trimestre su trimestre dei dati utilizzati per il grafico 1 e 2. Otteniamo quanto segue (nel riquadro è ancora rappresentata l'amministrazione Trump pre-covid cioè fino al primo trimestre del 2020):



Grafico 3



Se poi procediamo col calcolare e confrontare il tasso di variazione medio delle esportazioni di beni italiani negli Stati Uniti nei 13 trimestri prima dell'incarico a Trump, nei primi 13 trimestri dell'amministrazione Trump (che terminano appunto con l'inizio della pandemia nel primo trimestre del 2020 che escludiamo per evitare di falsare l'analisi) e nei 13 trimestri successivi alla fine del mandato di Trump otteniamo i seguenti risultati:



Tabella 1: Q1 2017 - Q1 2021 fa riferimento all'intera amminist. Trump, includendo anche il Covid



L'export di beni italiani cresceva del 5% nel periodo Pre-Trump e del 4% nel periodo post-Trump, solo dell'1% invece durante i 13 trimestri dell'amministrazione del tycoon prima dello shock covid che quindi non influenza i dati. Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova....


I dati che vi ho mostrato sopra sono dati aggregati e cioè prendono in considerazione l'insieme di tutti i beni esportati negli Stati Uniti. Nel caso specifico, quei dati che vi ho riportato includono ad esempio il parmigiano reggiano (oggetto di dazi) ma anche il vino (che non fu oggetto di dazi) ne consegue che utilizzando microdati su base settoriale (ci riuscirò quando il progetto di Kalistat andrà in porto) si riuscirebbe a dare una dimensione molto più concreta e realistica del fenomeno che qui risulta evidentemente meno precisa di quella che dovrebbe e potrebbe essere.

(NB: rimane comunque molto più precisa di quanto possiate leggere sui quotidiani italiani o su qualche altro 'blogghe')

E' evidente che ci siano state imprese esportatrici danneggiate dai dazi trumpiani, e questo lo possiamo affermare con certezza data la flessione ed il rallentamento che in aggregato l'export di beni registra e che abbiamo evidenziato nel grafico 2 e nella Tabella 1 durante il periodo della prima amministrazione Trump. Del resto un'impresa esportatrice che abbia ottenuto benefici da un dazio sui propri prodotti non penso sia mai esistita! E' curioso che ci sia una parte politica che ha costruito il proprio successo elettorale anche sul difendere a spada tratta gli interessi della piccola e media impresa agroalimentare italiana che ora predica calma su una possibile reintroduzione di dazi da parte della nuova amministrazione Trump. Non c'è alcuna calma da predicare. Così come un cittadino respira più leggero senza una tassa, respira più leggero anche un imprenditore esportatore (e con lui i suoi lavoratori) quando il suo prodotto è liberato da un dazio! 

Amici della Coldiretti non avete nulla da guadagnare ma tutto da perdere da qualsiasi dazio posto oltreoceneo....ma del resto questa è la contraddizione dei sovranismi, ogni sovranista difende i propri interessi i quali sono diametralmente contrapposti a quelli di qualche altro sovranista dall'altra parte del mondo!


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