Dati gli eventi geopolitici estremamente negativi che caratterizzano il nostro tempo, in Europa dopo 70 anni di sostanziale pace (eccetto per la dolorosa parentesi della guerra jugoslava) si ritorna a parlare insistentemente di guerra e spese militari. In questo senso ha creato particolare discussione nel dibattito pubblico l'annuncio da parte della Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen del piano 'ReArm Europe' progetto con il quale la Commissione si pone l'obiettivo di stanziare fino a 800 miliardi di euro per i prossimi 4 anni, nelle modalità che poi esporremo. E' opportuno quindi studiare e approfondire l'andamento della spesa militare nei paesi europei e nei principali paesi del mondo (quelli che generano e gestiscono squilibri geopolitici). Iniziamo quindi con un approccio backword-looking per poi fare alcune valutazioni forward-looking, relative a quale potrà essere l'impatto del piano 'ReArm' sulla spesa militare europea.
Andamento storico della Spesa Militare in Europa:
Utilizzerò come riferimento il database del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) che offre dati annuali (reali, in dollari a prezzi costanti del 2022) della spesa militare per i principali paesi del mondo. Decido del tutto arbitrariamente di visionare e lavorare esclusivamente sui dati dei 5 paesi più rilevanti in questo momento per la difesa dell'Europa che sono: Francia, Germania, UK, Italia e Spagna. In questo senso per questi 5 paesi i dati sono a disposizione a partire dal 1953.

Il paese che spende di più è la Gran Bretagna sostanzialmente sempre per tutta la durata del campione, eccetto una breve parentesi tra il 1972 ed il 1981, dove il primo paese era la Germania (ovest + est) - che ancora non era unita - e che a riunificazione avvenuta registra un immediato crollo della spesa militare fino al punto di minimo del 2005, tornando poi sui livelli di spesa del 1992 esattamente trent'anni dopo. Il terzo paese per la prima fase del campione (fino ai primi '90) e poi secondo fino ai giorni d'oggi è la Francia (paese che detiene armamenti nucleari) che registra un andamento tutto sommato regolare eccetto una flessione decennale tra il 1991 ed il 2001. Arriviamo poi noi, con un andamento che segue la tendenza storica lineare fino al 2008, anno della grande crisi finanziaria globale alla quale susseguì quella del debito sovrano che obbligò a politiche fiscali molto restrittive che, evidentemente e come è logico che fosse, colpirono anche la spesa militare che cala fino al 2014 per poi ricominciare a salire, importante segnalare che dopo il covid la spesa militare nel nostro paese è tornata a calare. Ultimo dei cinque paesi analizzato è la Spagna, sulla quale non mi pare ci sia nulla di rilevante da dire. Per enfatizzare ulteriormente alcuni passaggi storici a mio avviso rilevanti costruisco un indice per queste serie, pari a 100 nell'anno inziale del campione 1953, in modo d poter confrontare la crescita (o la decrescita) percentuale nel tempo.
In questo caso - ad esempio - la Germania dalla riunificazione al 2005 ha registrato una riduzione di quasi il 50% della sua spesa militare (-45,83%). Ugualmente l'Italia dall'innescarsi della crisi del debito sovrano al 2014 ha visto concretizzarsi una riduzione di oltre il 40% della propria spesa militare (-41,3%).
Qualcuno provocatoriamente potrebbe trovare curioso che la stessa UE che un tempo ci invitava (con alcune ragioni) a tagliare drasticamente la nostra straripante spesa pubblica (e quindi anche quella militare) per migliorare la nostra posizione debitoria, oggi ci chieda di aumentare massicciamente la nostra spesa militare permettendoci di farlo persino in deficit (dal momento che la commissione escluderebbe tale spesa militare aggiuntiva dal computo del deficit/Pil) - finendo evidentemente per peggiorare la nostra posizione debitoria!
Ma andiamo avanti...
In ogni caso, quando si scompone la spesa pubblica e quando si vogliono fare comparazioni internazionali tra paesi diversi, è opportuno esprimere la variabile d'oggetto ( nel nostro caso la spesa militare) in % del Pil, e visualizzarne l'evoluzione. Ed è quello che nei fatti vi mostro di seguito:
In tutti i paesi presi in considerazione si registra un calo significativo della percentuale della spesa militare sul Pil nel tempo. Nel 1954 la spesa militare della Gran Bretagna pesava il 10% del Pil, oggi il 2,26%. La spesa militare francese pesava il 6% sul pil transalpino nel 1954 oggi il 2%. Questo fenomeno di riduzione della rilevanza della spesa militare sul Pil è in realtà qualcosa che ci possiamo aspettare data l'evoluzione del contesto geopolitico nel tempo, si parte infatti dalla piena Guerra Fredda alla dissoluzione dell'URSS che ha sancito il definitivo disarmo. Iniziamo ora ad aggiungere paesi extra-europei, partendo dal nostro alleato storico (oggi lo è ancora?...) cioè gli Stati Uniti, per cui il fenomeno è analogo a quello europeo, cioè registrano una graduale e progressiva riduzione della spesa militare sul pil (lo vedete in verde nel prossimo grafico). Aggiungiamo anche l'altro grande player del momento, il principale portatore di squilibri geopolitici nel mondo attuale, cioè la Russia, di cui però disponiamo di dati solo a partire da qualche periodo successivo alla sua effettiva nascita (abbiamo dati dal 1993) che aggiungo comunque al grafico complessivo che di seguito vi mostro (la Russia la trovate in blu scuro):
La Federazione Russa risulta essere nel 2023 (anno ultimo dei dati a disposizione forniti dal SIPRI) il paese del campione che ha la spesa militare più rilevante sul proprio Pil (5,8%) più degli Stati Uniti (3,36%). Potete vedere il balzo che si registra sulla serie russa dal 2021 (3,6%) al 2023 (5,8%) dovuto
all'operazione speciale, programmata e barbaramente eseguita in Ucraina a partire dal Febbraio del 2022. Trovo poi utile aggiungere al grafico precedente anche la serie del paese aggredito, appunto l'Ucraina, per mostrare (se ancora ve ne fosse bisogno) quanto esista effettivamente un aggressore (che ha pianificato e preparato la propria economia ad uno stato di guerra) ed un (ignaro - ahinoi - fino al febbraio del 2022) paese aggredito, poco preparato sul piano economico-militare a sostenere qualsiasi tipo di conflitto. Infatti se aggiungo la serie Ucraina (colore marrone, ma non avrete problemi a notarlo) ottengo quanto segue:
Nel 2021 la spesa militare Ucraina pesava il 3,4% sul Pil, due anni dopo, nel 2023 pesa il 36,6%. Questo per due principali motivi: il Pil Ucraino dallo scoppio della guerra è crollato, e l'economia ucraina è stata forzatamente e rapidamente orientatata alla guerra, con la spesa militare che è diventata la voce più rilevante di tutta la spesa pubblica. L'aumento del numeratore (spesa militare) ed il crollo del denominatore (Pil) implica il balzo che vedete nel grafico sopra. Il fatto che la serie russa registri un aumento imparagonabile a quello Ucraino e molto più contenuto (l’abbiamo evidenziato prima) dimostra esattamente come la programmazione della guerra fosse massima (la spesa militare sul pil aumenta dal 2021, la guerra inizia un anno dopo) e come l'economia russa (il Pil, cioè il denominatore del nostro rapporto) non abbia subito particolari flessioni (come invece taluni operatori informativi poco informati ci vanno dicendo più o meno da tre anni, cose del tipo 'l'economia russa è allo sbando! il rublo vale meno di carta igienica! i russi combattono con le pale!). Ma tutto questo non è un caso, del resto il ministro della difesa che si è scelto Putin è un economista, ed il keynesismo bellico l'ha studiato!
Piccola parentesi aneddotica. Tra gli economisti (almeno quelli con cui ho avuto e con cui sto avendo a che fare io) il rispetto per gli omologhi russi è totale, questo perché, come mi è stato riferito in una discussione a riguardo, i funzionari della banca centrale russa “giocano al nostro stesso gioco”. Del resto la gestione dell’ attacco speculativo che ha subito il rublo nel ‘22 della CBR (Central Bank of Russia) è stata una gestione semplicemente da MANUALE. Rivolgo quindi un caloroso invito agli operatori informativi (talvolta troppo operatori e molto poco informativi) a non contribuire ad alimentare una narrazione falsa e bugiarda che vede i russi come impreparati ed inefficienti, che 'combattono con le pale', o 'a cavallo di muli' e che non conoscono le basi di economia monetaria, tant’è che “il rublo vale meno di carta igienica”. Putin non è uno stupido, cosi come non lo sono i suoi ministri e tutto l'apparato economico/militare, ed è per questo che costituiscono una minaccia per noi e per tutti i paesi liberi europei.
Tornando a noi, la fase backword-looking finisce qui, adesso guardiamo avanti e parliamo di difesa comune europea e del piano ReArm Europe.
Impatto del ReArm Europe:
Cerchiamo di valutare l'impatto del piano proposto dalla Commissione, stimando l'evoluzione della spesa militare/Pil dei principali paesi europei. Scelgo di utilizzare lo stesso campione di paesi usato precedentemente (escludendo per il momento la Gran Bretagna che non fa parte dell'UE e quindi non è sottoposta al piano di riarmo) perchè, come già detto precedentemente, a questi paesi si deve principalmente la difesa del suolo europeo (non me ne vogliano gli amici lettoni, finlandesi o bulgari) oltrechè per una mera questione di tempistiche (stimare l'evoluzione della spesa militare sul Pil per 27 paesi mi avrebbe richiesto ulteriore tempo di cui purtroppo non dispongo). Entrando nel dettaglio, rifacendoci a quanto affermato da Ursula Von Der Leyen nel suo statement, la Commissione si impegna a sbloccare fino a 800 miliardi di euro da destinare alla difesa mediante i due seguenti canali:
1) 650 miliardi si sbloccherebbero qualora tutti i paesi dell'Unione aumentassero la propria spesa militare dell'1,5% sul Pil rispetto all'attuale. La Commissione incentiva questo aumento escludendolo dal computo dei parametri di Maastricht del deficit/Pil.
2) I restanti 150 miliardi invece deriverebbero da un fondo comune europeo (una sorta di MES 2.0 per la difesa) finanziato mediante l'emissione di obbligazioni garantite dalla Commissione.
Quello che possiamo dunque cercare di prevedere, è capire dato il punto 1) come si evolverà la spesa militare in percentuale del Pil, assumendo che tutti i paesi agiscano secondo indicazione della Commissione e quindi aumentino, nei prossimi 4 anni, dell'1,5% il peso della propria spesa militare sul Pil nazionale. I 150 miliardi derivanti dal fondo comune non li prendo in considerazione per questa simulazione, per diversi motivi tra i quali il fatto che l'accesso a tali fondi richiede un iter di approvazione tra i governi e i parlamenti nazionali non breve (l'abbiamo visto come è andata a finire in Italia la vicenda MES...) e parliamo comunque di meno del 20% del budget complessivo di ReArm. Otteniamo quello che segue:
(le previsioni sono quelle a puntini....)
Per maggiore chiarezza e precisione vi fornisco anche i dati in forma tabellare:
Se immaginiamo una dinamica simile per la Gran Bretagna (non debbo certo spiegarvi io la vicinanza del Governo Starmer all'Ucraina ed in generale al progetto di difesa europea) e aggreghiamo tutti e cinque i paesi (Gran Bretagna, Spagna, Italia, Germania e Francia) otteniamo quanto segue:
(AfE sta per 'Alliance for Europe' il nome che ho arbitrariamente deciso di dare ai cinque paesi uniti sopracitati.....i principali responsabili della difesa europea)
Si tratterebbe quindi, come potete ben vedere dalla figura 6 e dalla figura 7 in aggregato di una vera e propria inversione di tendenza, con la spesa militare che peserebbe sul Pil in media (tra i 5 paesi del campione) il 2,8% nel 2027, e nel 2030 (qualora dovesse essere mantenuto questo path) il 4%. Sono consapevole si trattino di simulazioni stilizzate, ma sono a mio avviso utili a comprendere la portata di questo piano di riarmo, qualora dovesse essere implementato (si tornerebbe in sostanza ad un livello di rilevanza sul Pil della spesa militare che questi cinque paesi avevano - in media - negli anni '60 in piena guerra fredda).
Abbiamo davvero davvero bisogno del piano ReArm?
Bisogna cercare di rispondere seriamente alla domanda posta qui sopra. Non tanto in relazione alla minaccia russa, che è a mio avviso evidente e chiara. Non metto minimamente in dubbio la necessità di riarmarsi anche alla luce dell'evoluzione isolazionista statunitense. Metto tuttavia in dubbio le modalità, le tempistiche ed alcune valutazioni economiche della Commissione. Trovo senza senso la scelta della Commissione di escludere la spesa militare legata al piano di riarmo dal computo dei parametri di Maastricht, per una ragione economica oggettiva (non è che se fai debito ulteriore ma lo nascondi sotto al tappeto quel debito non esiste) e per una ragione politica soggettiva (la spesa militare è importante per difendere la libertà e la democrazia delle persone, esattamente come la spesa sanitaria è importante per salvargli la vita, cosi come la spesa per istruzione è importante per migliorargliela e di conseguenza, ma questa è una mia valutazione soggettiva, la spesa militare non è in questo momento su un piano di rilevanza superiore rispetto alle altre voci di spesa che ho citato). In questo senso la Commissione commette anche un errore comunicativo importante, lasciando alle destre europee più becere la possibilità di capitalizzare facilmente il dissenso da parte dei cittadini su questo ('spesa militare in deficit si e spesa sanitaria in deficit no? Ahh quella guerrafondaia della Von Der Leyen!).
Cambiando fonte e passando dal database del SIPRI (che ho utilizzato fino ad ora e che aveva l'unico ma non indifferente difetto di non considerare i tassi di cambio reali ma quelli di mercato nell'esprimere tutte le spese dei diversi paesi in dollari) a
quest'altro database possiamo valutare
la spesa militare per paese a parità di potere di acquisto, aggregando per macroaree interessate nell'attuale conflitto Ucraino si ottiene quello che segue:

La spesa militare a Parità di Potere d'acquisto (PPP) tiene conto del costo dei beni e dei servizi militari nei diversi paesi. La verità che questi dati del 2023 ci mostra è che l'Europa (24 paesi, tra quelli che ho escluso c'è l'Ungheria del traditore Orban) più la Gran Bretagna spendono unite oltre 200 miliardi in più rispetto alla Russia a parità di potere di acquisto. E' chiaro ed evidente che la spesa militare non è l'unico parametro da monitorare e non riflette la capacità militare complessiva di un paese (la Russia ha un esercito ed un apparato militare più 'rodato' rispetto a quello dei paesi europei) ma il gap d'investimento qui è schiacciante ed evidente. Di conseguenza vi chiedo, l'UE ha davvero bisogno di aggirare le regole di Maastricht che essa stessa si è posta (rischiando tra le altre cose di compromettere ulteriormente il proprio consenso) creando potenzialmente problemi anche in termini economici/geopolitici (l'import europeo di armi è prettamente statunitense, vogliamo davvero aiutare a correggere il cronico deficit commerciale di un paese che ha un presidente che dazia i nostri beni?).
Voglio essere chiaro e quindi mi ripeto. Non contesto la necessità di riarmarsi, ma contesto la scelta del farlo di fretta (soprattutto se guardo i numeri del grafico 8) e quindi del farlo con più deficit. Occorre ponderazione, ed occorre valutare anche le implicazioni economiche delle scelte politiche che si fanno.....nel senso che i parametri di Maastricht servivano per dare e mantenere credibilità sui mercati anche per i paesi ad alto debito (come il nostro), ma la credibilità si perde molto rapidamente, molto più rapidamente di quanto ci si mette ad acquisirla, soprattutto se diventa prassi 'aggirare' le regole che ci si è auto-imposti.
(....per questo, e ne parleremo, occorre seriamente riparlare di Patto di Stabilità e Crescita e di come riformarlo, perchè risulta essere sempre più inattuale....così come bisognerà parlare senza eccessivo integralismo anche di spesa pubblica, perchè la spesa pubblica non è sempre bene ma non è neanche sempre male!....)
Tanto vi dovevo....