martedì 24 giugno 2025

I numeri della Striscia di Gaza dal 7 ottobre ad oggi

I dati relativi alle vittime e ai feriti nella Striscia di Gaza sono forniti su questo database dal Ministero della Salute di Gaza. Il database offre l'evoluzione giornaliera delle vittime e dei feriti, fornendo anche diverse caratteristiche specifiche degli individui uccisi. In particolare vengono monitorate le vittime minorenni (maschi e femmine), ed in aggregato le vittime femminili.

Disclaimer

E' opportuno specificare che in un contesto emergenziale come quello che Gaza vive dal 7 Ottobre 2023, la raccolta dei dati (soprattutto di dati disaggregati, e cioè per le 'caratteristiche' degli individui, come genere ed età) è particolarmente complessa, ne segue che data la frequenza giornaliera del dataset, alcuni dati possono essere stati registrati in ritardo, date le evidenti difficoltà di raccolta dei dati sul campo. E' opportuno quindi considerare affidabili i valori complessivi ed aggregati, senza focalizzarsi eccessivamente sulle singole date.

I dati:

Nella Striscia di Gaza dal 7 Ottobre 2023 al 25 Giugno 2025 sono stati registrati 57.018 decessi. Con una media di 85,87 decessi al giorno ed un punto di massimo della serie di 756 morti in un giorno (registrati il 25-10-2023, all'inizio del conflitto):    




Come potete osservare dall'inizio del 2025 la dinamica delle vittime è tornata a toccare livelli notevoli, con diversi giornate che registrano un livello di decessi maggiore uguale a 500 vittime giornaliere. In generale il profilo della serie è coerente con quello che possiamo aspettarci da un fenomeno bellico: ossia la presenza di relativamente pochi eventi molto gravi che fanno registrare un elevato numero di vittime, e la presenza invece di molti eventi meno gravi che registrano un livello inferiore di decessi ('inferiore' si fa per dire dato che il dato medio è di 85,87 decessi giornalieri, e il dato mediano, quello più opportuno da osservare data la distribuzione asimmetrica dei decessi che di seguito approfondiamo, è comunque pari a 54 morti al giorno). Queste considerazioni ci vengono confermate dalla distribuzione di frequenza dei decessi registrati:




La distribuzione di frequenza è uno strumento statistico che permette di descrivere come si distribuiscono i dati di una variabile, indicando con quale frequenza ciascun valore si presenta all'interno di un insieme di osservazioni. In questo contesto, la distribuzione di frequenza ci restituisce quanto spesso (cioè con quale frequenza) si verificano eventi con determinati numeri di vittime. La distribuzione risulta essere asimmetrica a destra (asimmetria positiva). La maggior parte delle osservazioni è concentrata nell'intervallo tra 0 e 100 decessi, confermando quanto già abbiamo esposto precedentemente, e cioè la presenza di rari episodi molto gravi che generano molte vittime, con la maggiore parte degli eventi che generano invece un numero 'più contenuto' di vittime (appunto tra 0 e 100 giornaliere). Riporto di seguito le statistiche descrittive della serie che confermano ulteriormente l'asimmetria positiva della distribuzione:




La skewness (l'asimmetria) pari a 3.18 conferma l'asimmetria positiva, cosi come l'elevata Curtosi (che segnala la presenza di una coda destra 'pesante' e di outlier, cioè i giorni con oltre 500 vittime). 

Inoltre il fatto che la media risulti maggiore della mediana è la chiara indicazione di un'asimmetria positiva nella distribuzione.

I dati disaggregati: donne, minorenni, medici e giornalisti


Il database offre poi alcune ulteriori informazioni sulle caratteristiche delle persone uccise a Gaza. In generale dal 7 Ottobre del 2023 ad oggi (25-06-2025) sono stati uccisi a Gaza 19.137 minorenni e 13.171 donne. Questo deve fare riflettere sulla portata distruttiva e disumana delle operazioni di Israele nella Striscia di Gaza. 

Di seguito rappresento la cumulata dei decessi di minorenni nella Striscia dal 7 Ottobre ad oggi:


















Dal 7 ottobre 2023 al 1 Maggio del 2024 l'uccisione di minorenni è stata impressionante, come evidenzia la pendenza della curva cumulata rappresentata qui. E' proprio nelle fasi iniziali del conflitto che si registra il numero maggiore di decessi di minori a Gaza. Risultano inoltre uccisi nella Striscia dal 7 Ottobre 2023 227 giornalisti e 1.583 medici o infermieri nello svolgimento del loro lavoro di documentazione e di supporto medico/umanitario.







I feriti:

Risultano disponibili i dati giornalieri relativi ai feriti nella Striscia. Complessivamente si sono registrati dall'inizio dell'attacco Israeliano nella Striscia 140.216 feriti. Con una media di 210,2 feriti al giorno, una mediana (indicatore chiave data la distribuzione asimmetrica positiva dei feriti, esattamente come per i decessi) di 124 feriti al giorno ed un punto di massimo di ben 3.652 feriti, registrati il 2 Dicembre del 2023.








Anche qui la distribuzione assume le stesse caratteristiche di asimmetria precedentemente illustrate per i decessi (asimmetria positiva, con media maggiore della mediana).





Ma Hamas?


Secondo l'Intelligence americana, riportata qui da Reuters, Hamas registrava 20.000 aderenti prima del 7 Ottobre del 2023, in seguito allo scoppio del conflitto l'Intelligence parla di ulteriori reclutamenti fino ad un massimo di 15.000 unità. Ne segue che possiamo spannometricamente stimare l'organico di Hamas come pari ad un massimo di 35.000 unità. Ne consegue che qualora ragionassimo per assurdo, e cioè ipotizzassimo che Israele abbia eliminato a Gaza tutto l'organico operativo (e non) di Hamas (cioè appunto 35.000 persone) ci sarebbero comunque (date le vittime totali pari a 57.018) 22.018 vittime totalmente innocenti!

Ora, dal momento che questo scenario è certamente improbabile ed assurdo, tant'è che Israele ha dichiarato di non aver terminato le operazioni a Gaza proprio per la presenza, nei tunnel sotterranei, di elementi di Hamas, è logico che le vittime civili e certamente innocenti sono state ben più di 22mila!

Tral'altro l'organico di Hamas non è stanziato totalmente a Gaza, disponendo infatti di membri in Cisgiordania e Libano oltre a diversi militanti che dopo il 7 Ottobre sono fuggiti tramite tunnel fuori dalla striscia (come riportato da Reuters). Quindi gli operativi a Gaza sono senza dubbio molto inferiori rispetto a 35.000 unità.

Nella Striscia di Gaza prima del 7 Ottobre 2023 risultavano residenti poco più di 2 milioni di persone ( 2.100.000 come riportato da diverse Fonti come ONU, UNRWA, e diverse ONG). Ne consegue che ad oggi, Israele ha ucciso circa il 2,71% della popolazione palestinese. E anche questo è un conto con ogni probabilità al ribasso dal momento che la popolazione è in calo dati gli sfollamenti, le migrazioni forzate e le mancate nascite.


Questi numeri evidenziano un impatto umanitario di gravità estrema, con effetti devastanti sulla popolazione civile. 


 










martedì 17 giugno 2025

Quando i giornali parlano della Spagna....

Negli ultimi tempi quando i giornali parlano dell'economia spagnola i toni sono più o meno quelli che seguono: 





Ma la migliore, come al solito, non poteva che essere Repubblica...




Ora, in tutto questo c'è del vero. Il fatto che negli ultimi trimestri la Spagna sia il paese con il tasso di crescita del Pil reale più elevato dei paesi europei è un fatto assodato ed incontrovertibile. Tuttavia, approfondendo qualche dato in più, si può mostrare facilmente come in realtà la situazione spagnola non sia poi effettivamente cosi idilliaca. Per questo mi reco su Eurostat e faccio gli approfondimenti del caso che di seguito vi mostro: 




Il tasso di disoccupazione, cioè il rapporto tra i disoccupati (coloro che non hanno un lavoro ma che attivamente lo cercano) e la forza lavoro (cioè la somma tra occupati e disoccupati), è tra i più alti d'europa (ampiamente sopra la media UE e quasi doppio rispetto ai paesi benchmark che qui vedete nel grafico (tra cui noi). Basti pensare che ad Aprile 2025 in Spagna il tasso di disoccupazione si assesta al 10.9% contro il 5.9% italiano ed una media europea del 6.2%. Vi posso riassumere i dati relativi agli ultimi mesi nella tabella di seguito: 




Quello che emerge nitidamente è che negli ultimi 17 anni (dal 2008) la Spagna ha strutturalmente un tasso di disoccupazione molto più elevato della media dell'Eurozona e dei suoi principali benchmark tra cui noi. Questo può essere dovuto a diversi fattori, quali ad esempio l'elevata tutela del lavoro e la presenza di un salario minimo legale (oltre il 60% del salario mediano). Tutto questo, secondo il modello neoclassico (di cui prima o poi magari scriverò) può generare e 'spiegare' un tasso di disoccupazione di questo tipo. Fa comunque effetto, un tasso di disoccupazione del 10.9% in Italia non lo avevamo dal 2012 (venivamo dalla crisi del debito e dalla cura Monti, non stavamo benissimo). 

In ogni modo, Francia e Italia hanno dinamiche estremamente simili del tasso di disoccupazione: 






Mentre se la Spagna è un outlier (in negativo) la Germania lo è in positivo: 





Questo ci restituisce un giudizio (parziale, perchè il tasso di disoccupazione è un singolo parametro, con tral'altro alcuni limiti) sul fatto che le dinamiche del mercato del lavoro anche tra paesi molto vicini e simili per struttura del sistema produttivo (come Italia e Spagna) possono essere significativamente diverse. 

Ma ciò che mi importava sottolineare è che la Spagna non è il paradiso terrestre, almeno economicamente parlando. Questo può ulteriormente farci riflettere sulla qualità scadente del giornalismo italiano. 


'la spagna dei miracoli....con la disoccupazione all'11%....'





sabato 7 giugno 2025

Qual è stato il governo che ci ha fatto crescere di più? Il fallimento di Meloni.

La mia necessità di rispondere alla domanda che trovate nel titolo, e cioè quale sia stato il governo che negli ultimi 30 anni ci abbia fatto crescere di più (o meglio dovremmo dire sotto quale governo negli ultimi 30 anni il Pil reale, cioè il Pil depurato dalle dinamiche dei prezzi, è cresciuto di più) deriva da diverse mie curiosità. 

Innanzitutto è importante sottolineare il fatto che l'andamento del Pil è soggetto al ciclo economico (su cui non ho intenzione di dilungarmi in questo post) e di conseguenza l'indirizzo di politica economica che un governo adotta, non è l'unica nè la principale determinante dell'andamento del Pil. Vi possono poi anche essere degli shock esogeni (cioè esterni alla dinamica politica ed economica di un paese) che incidono pesantemente sull'andamento del Pil. Basti per esempio pensare alla pandemia Covid, o alla crisi del 2008 partita dagli Stati Uniti, oppure alla crisi dei prezzi energetici dovuta allo scoppio della guerra in Ucraina e che ha contribuito alla fiammata inflazionistica del 2022. Ne consegue che l'analisi che di seguito sviluppo non ha assolutamente l'intenzione di porre la seguente relazione causale: siccome nel momento X il Pil reale è cresciuto più di quanto abbia fatto nel momento Y allora il governo del periodo X è stato migliore del governo nel momento Y. 

Tuttavia possiamo verosimilmente concludere (escludendo i periodi caratterizzati da shock esogeni rilevanti) che con buone probabilità il governo del periodo Y non possa aver fatto meglio del governo nel periodo X....mi seguite?

Si tratta di un'operazione meramente descrittiva, con però a mio avviso delle conseguenze di natura politica abbastanza rilevanti. 

Utilizzo dati ISTAT, nello specifico scarico la serie del Pil trimestrale reale (chain-linked, reference year 2020, cioè la serie del pil a prezzi concatenati, in sostanza depurata dalla dinamica dei prezzi) sezione sul database ISTAT dei conti nazionali. La serie del Pil reale assume la seguente forma:





Dunque l'analisi che ho intenzione di sviluppare riguarderà i governi che rientrano nella dimensione temporale di questa serie, e cioè i governi compresi tra il primo trimestre del 1996 (Governo Prodi I) e secondo trimestre 2024 (Governo Meloni, ancora in carica ovviamente). L'obiettivo a cui tendo è quello di comprendere sotto quale Governo in media il Pil reale sia cresciuto di più. La prima cosa che evidentemente devo fare è calcolare il tasso di crescita trimestre su trimestre del Pil, dal punto di vista matematico si tratta semplicemente di questo: 



Associando ad ogni trimestre della serie storica del Pil (grafico 1) il governo coevo, graficamente il tasso di crescita trimestrale del Pil è quello che vi mostro di seguito:






Come potete notare fare un paragone tra i diversi governi da questo grafico è abbastanza difficile, data la variazione anomala del Pil a cavallo tra i governi Conte II e Draghi. In quel periodo ci fu, come ricorderete, il Covid. Shock che ha avuto effetti economici devastanti (come potete vedere dal crollo del Pil e dal conseguente rimbalzo), fa impressione se paragonato alla crisi del 2008 (che sarebbe in corrispondenza del governo Berlusconi IV). La crisi del 2008 sembra 'noccioline' in confronto al covid (del resto nel 2008 l'economia comunque non chiuse come nel 2020). Se però adeguo la scala dei dati (riducendo l'intervallo tra massimo e minimo del grafico) un preliminare confronto diventa possibile:






Prime osservazioni: fino al Berlusconi IV (crisi del 2008) le cose non andavano poi cosi male, durante il Governo Monti, crisi del debito europea e politiche di austerità, il tasso di crescita del Pil è sempre stato negativo, oggi (Governo Meloni) si cresce relativamente poco rispetto a tutto il resto del campione. Ora, queste sono considerazioni ancora preliminari, è opportuno infatti lavorare ulteriormente sui dati, del resto questo tasso di crescita del Pil ci restituisce quanto il pil reale sia cresciuto rispetto al trimestre precedente, un'informazione importante ma di difficile lettura, soprattutto perchè, trattandosi di trimestri, le variazioni sono nel complesso (covid escluso) relativamente piccole. Decido quindi di annualizzare questo tasso di crescita del Pil, in modo che la lettura ci sarà molto più semplice. In formule significa fare questo: 


(dove y è il Pil...)

(Si eleva alla quarta perchè in un anno ci sono quattro trimestri...)

Dal momento che all'inizio mi sono già calcolato la variazione trimestre su trimestre del Pil posso annualizzare la variazione semplicemente in questo modo: 



(dove r è la variazione trimestre su trimestre calcolata al grafico 2...)


Aldilà della matematica, se annualizzo il tasso di crescita del Pil ottengo quanto segue:






Ora la lettura delle variazioni sarà più semplice perchè avremo come riferimento l'anno (dunque se avremo una variazione del Pil dell'1.6% significherà che se il ritmo di crescita trimestrale si mantenesse costante per quattro trimestri, il Pil crescerebbe dell'1.6% l'anno). Cosi diventa ancor più evidente il pessimo risultato (per ora) del governo Meloni, che registra variazioni tutte al di sotto dell'1%.

Ora manca l'ultimo passaggio per giungere al risultato finale. Quello che faccio ora è calcolare la media del tasso di crescita trimestre su trimestre annualizzato per ogni governo. In questo modo ottengo quanto in media è cresciuto (su base annuale) il Pil reale sotto ogni differente governo. Il risultato è quello che vi propongo di seguito, i colori delle barre sono relativi all’orientamento politico del governo, rosso per un governo di sinistra, blu di centro-destra, giallo a trazione 5s (ricordate il Conte I?) e nero per il governo attuale di Giorgia Meloni.





Questi sono tutti i Governi degli ultimi 30 anni. Il governo migliore, cioè sotto il quale il Pil reale ha registrato un tasso di crescita medio più elevato, è il governo Draghi, dove si registra un tasso di crescita trimestre su trimestre annualizzato di oltre il 6%. Questo risultato è evidentemente influenzato dal rimbalzo post-covid. Il peggiore Governo in termini di tasso di crescita del Pil risulta essere quello del Professor Monti, oltre l'influenza del contesto economico dell'epoca (crisi del debito) l'impostazione della politica economica in senso fortemente restrittivo non poteva che concretizzarsi in questi risultati in termini di Pil. Il Berlusconi IV è il secondo peggiore (ma ricordiamo come già abbiamo detto che ci fu la crisi del 2008), al terzultimo posto troviamo l'attuale governo di Giorgia Meloni, che registra un tasso di crescita medio annualizzato dello 0.29%.....pochissima roba.

I governi hanno tra loro durate molto diverse, il fatto di calcolare la media e quindi inevitabilmente dividere per il numero di trimestri per i quali un governo è rimasto in carica, permette di rendere i risultati confrontabili tra loro. Ci sono tuttavia alcuni governi (come il D'Alema II, secondo in classifica per la crescita del Pil) che sono durati davvero poco (solo 2 trimestri, 3 trimestri l'Amato II terzo in classifica). Di conseguenza, per rendere la classifica più 'veritiera' rimuovo dal grafico i governi per i quali gli shock esogeni hanno impattato fortemente (dunque rimuovo governo Draghi, Conte II, Berlusconi IV e anche Monti) ed elimino i governi molto brevi (minori uguali a 3 trimestri di durata) e ricalcolo la media unendo il D'Alema I con il D'Alema II


(Il D'Alema II, durato due trimestri viene dopo sei trimestri di governo di D'Alema I. Per gli appassionati di politica il passaggio da un governo all'altro fu dovuto ad un semplice rimpasto con l'ingresso in maggioranza dell'UDEUR di Clemente Mastella, direi quindi si possa considerare una sostanziale continuità)


Rimuovo l'Amato II che durò solo tre trimestri, cosi come il brevissimo governo Letta (quello dello 'stai sereno').


Il risultato è quello che segue: 





Il governo migliore risulta essere quello di D'Alema (I-II) seguito a stretto giro dal Berlusconi ter (tasso di crescita annualizzato sopra il 2%)
Il governo Meloni, che nei dati che utilizzo arriva fino al secondo trimestre del 2024, risulta essere il peggiore. Il giudizio è relativo e temporaneo, nel senso che essendo ancora in carica, la rotta potrà essere invertita. Ma per almeno due motivi questi risultati sono a mio avviso molto negativi: 

1) la posizione ciclica dell'Italia (cioè la posizione della nostra economia sul ciclo economico) è senza dubbio molto positiva da almeno un anno a questa parte. Lo dimostrano i risultati incredibili del mercato del lavoro di cui abbiamo parlato qui (record assoluto di occupati e soprattutto del tasso di occupazione). Questo significa che nessuno dei governi precedenti ha mai avuto una situazione così favorevole dal mercato del lavoro. Eppure sotto il governo Meloni il Pil cresce in media pochissimo, molto meno rispetto ad altri governi con posizioni cicliche ben peggiori e dati sull'occupazione molto meno positivi.

2) strettamente correlata al punto 1, siamo ampiamente sopra il nostro livello potenziale, come confermato dalle nostre stime (Kalistat) di Pil potenziale, di cui vi ho parlato qui (risultato sostanzialmente coerente con le stime della Commissione europea).


Se da un lato il Governo Meloni si sta dimostrando responsabile nella gestione dei conti pubblici, questi risultati devono far riflettere. Il problema (come si può anche intuitivamente dedurre dal fatto che nonostante il boom dell'occupazione il Pil cresca cosi poco) è la produttività. Il governo può fare qualcosa per la produttività? Certo, investimenti in Ricerca e sviluppo, costruire un sistema di incentivi (anche fiscali) per alimentare digitalizzazione e innovazione nel nostro tessuto economico e tante altre cose di cui la letteratura economica parla da anni.....


Cara Giorgia.....famo qualcosa?



Mi ributto nel flusso della sessione, ci risentiamo....

sabato 3 maggio 2025

Quello che è successo sul mercato del lavoro italiano: oltre gli schieramenti.

Torno dopo una lunga ma giustificata (vi assicuro) assenza perchè dopo il primo maggio ne ho sentite veramente di ogni sul mercato del lavoro. Tutto è nato fondamentalmente da questo videomessaggio del Presidente del Consiglio, al quale si sono susseguite una serie di reazioni impazzite che raggiungono il punto di massimo (peak) in questo delirante post della piddina Morani (che rappresenta ulteriore evidenza di una mia tesi ormai sempre più verificata: chi fa grafici a tema economico in tre dimensioni, con una probabilità prossima a 1 non capisce na sega  ehm 'na mazza di quello di cui parla). Ora siccome sull'andamento recente (seppur non recentissimo) del mercato del lavoro sento con la massima umiltà di potervi mostrare qualcosina, dal momento che ho dovuto produrre 164 grafici per un report proprio relativo alla dinamica del mercato del lavoro nell'ultimo anno, vi dico la mia. 

Ci tengo anche a sottolineare che mi spiace molto sentire economisti che stimo come Tito Boeri scadere nella più becera propaganda anti-governativa a piazzapulita su La7. Nel senso che senza dubbio i toni del governo sull'andamento del mercato del lavoro sono eccessivamente trionfalistici, e si potrebbe sempre fare di più e meglio, ma che i principali indicatori del labor market italiano stiano raggiungendo risultati estremamente positivi è innegabile. 


Comunque, come database di riferimento (vanno sempre citate le fonti!) ho utilizzato quello di ISTAT.


 Iniziamo dalle 'bbasi' e vediamo l'andamento di tutti (ma proprio tutti) gli occupati. 




Questa è la serie storica degli occupati per la fascia d'età 15-64 (l'età lavorativa) dal 2024 ad oggi (che è, in questo grafico,  gennaio 2025). In termini assoluti abbiamo evidentemente raggiunto un massimo storico, ma il 'livello' che qui vedete rappresentato in termini assoluti ci dice in realtà molto poco se preso da solo, nel senso che nel numero di occupati totali non si tiene conto della dinamica demografica e dell'andamento della popolazione totale. 

Facciamo un esempio. Nello scenario A ho una popolazione in età lavorativa di 30 milioni di persone, di cui 22 milioni sono occupati.  Nello scenario B invece la popolazione in età lavorativa è salita a 40 milioni, di cui 25 milioni occupati. Convenite con me che, nello scenario B, nonostante il numero assoluto di occupati sia aumentato, il mercato del lavoro è evidentemente più debole? Infatti nello scenario B solo il 62,5% della popolazione in età lavorativa è occupata, contro il 73,3% dello scenario A. Per catturare questo fenomeno bisogna osservare il tasso di occupazione, ed eccolo di seguito.... 




Che osserviamo? Anche qui record storico ventennale, con un tasso di occupazione 15-64 che risulta sopra il 62%. Se vogliamo fare uno zoom ulteriore, possiamo visualizzare la cosiddetta 'variazione tendenziale' (in inglese 12m delta), e cioè la variazione del tasso di occupazione in ogni mese del 2024 rispetto allo stesso mese dell'anno precedente: 





Non mi pare male! Ma attenzione, perchè come molti vanno ripetendo da giorni, non contano solo i posti di lavoro creati ma anche la qualità degli stessi. Del resto se creiamo tanta nuova occupazione precaria, non c'è molto di cui essere allegri....ma anche qui se si guardano i dati, le evidenze sono quelle che seguono: 

(qui mi era stata commissionata la fascia d'età 15-89, rispetto a prima non cambia nulla ai fini della descrizione che stiamo facendo...di seguito trovate il 'MoM Delta', e cioè la variazione congiunturale, o per dirla in soldoni, la variazione mese su mese in tutto il 2024 degli occupati 'temporary' cioè i precari, e 'permanent' cioè quelli a tempo indeterminato)




Mi state dicendo che in tutto il 2024 gli occupati precari hanno avuto una variazione negativa (cioè si sono ridotti - eccezion fatta per settembre 2024), mentre i 'permanent' sono aumentati? Leggendo tweet come quelli della Morani, o ascoltando Giuseppi non si direbbe...

Ok ok ma ancora non basta, veniamo alle cose che (giustamente, anche dal mio indipendente punto di vista) interessando maggiormente alla sinistra, ma l'occupazione femminile?






Anche qui registriamo record storico sia in termini assoluti (in livelli), sia in termini relativi (con il tasso di occupazione ai massimi storici sopra il 53%). Per capire ulteriormente la rilevanza storica dei risultati dell'occupazione femminile, può aiutare il grafico che segue: 





La linea grigia mostra la media dell'andamento degli occupati femminili cumulati da Gennaio a Dicembre di ogni anno dal 2004 al 2023. In rosso trovate l'andamento cumulato del 2024, che come potete facilmente constatare è ampiamente sopra la media storica! 

Se dobbiamo valutare i contributi per fasce d'età alla nuova occupazione nel 2024 (cosa che provava a fare la Morani qui) i risultati sono quelli che seguono: 




Ed in effetti, il contributo della fascia giovanile (15-34) non è stato positivo. Ma questo è fondamentalmente causa dell'inverno demografico che stiamo vivendo e con cui, se non si invertirà la tendenza come purtroppo credo, dovremo convivere ancora per anni. Nel senso che se ci sono sempre meno giovani, sarà logico che il loro contributo alla dinamica occupazionale sarà via via sempre più ridotto.

In ogni caso, la dinamica del mercato del lavoro italiana è complessivamente positiva (del resto, tra le altre cose, come vi ho mostrato qui, l'output gap è positivo, secondo le nostre stime - quelle di Kalistat - e anche secondo quelle del FMI). Trovo quindi veramente stucchevole l'atteggiamento delle opposizioni,  che di questo passo finiranno per regalare un altro mandato a Meloni.

Il tema su cui è corretto insistere è quello del salario minimo, nel senso che la dinamica salariale come abbiamo visto qui è effettivamente molto negativa (soprattutto per alcuni settori come i servizi), il salario minimo può essere una risposta, se correttamente formulato. Ma raccontare fesserie, come ha fatto Morani strumentalmente qui, nuoce fortemente alla causa (e anche alla mia residua pazienza nei confronti della sinistra istituzionale italica...)


Per oggi tanto vi dovevo....

martedì 22 aprile 2025

Oh Dear IMF...

Continuo a lavorare sul calcolo del pil potenziale (e sulla tesi...). Oggi nel meeting primaverile dell'IMF è stato pubblicato il nuovo World Economic Outlook, ed io a proposito del Pil potenziale vi faccio vedere questo...




Le ultime quattro stime del Fondo Monetario sul Pil potenziale italiano (il FMI pubblica solo l'output gap in % del Pil potenziale, ma prendendo la serie del Pil effettivo osservato ricavare il potenziale non è difficile...). Diverse versioni del World Economic Outlook, diverse stime di potenziale...siamo sicuri che sia uno strumento affidabile per valutazioni di policy?

E' grande la confusione sotto al cielo...






sabato 19 aprile 2025

Estimating the output gap...

Come vi ho anticipato su X, parlando con il capo (aka 'el Jefe') abbiamo deciso di stimare noi, all'interno del progetto Kalistat, il pil potenziale italiano e quindi l'output gap, cosi da poterlo comparare alla stima molto negativa del Fondo Monetario Internazionale di cui vi ho parlato qui. Senza eccedere nei tecnicismi, provo a spiegarvi come abbiamo lavorato (il lavoro non è ancora terminato, come vi mostrerò di seguito sono giunto ad alcune stime che dovrò sottoporre al giudizio del Jefe).

Per stimare il Pil potenziale si parte dalla serie del Pil reale (chain linked) reperibile su ISTAT. Abbiamo lavorato sia su dati annuali che trimestrali (a noi per il confronto con l'IMF interessano i dati annuali, e dunque in questa sede vi mostrerò e mi riferirò esclusivamente ai dati annuali).

Per determinare il Pil potenziale dobbiamo inevitabilmente rivolgerci alle arti oscure dell'econometria. Il contesto softwaristico è quello di Matlab. In particolare abbiamo utilizzato uno 'State - Space Model' (SSM), un potente strumento matematico che viene tipicamente utilizzato per modellare variabili latenti (esattamente come il pil potenziale...). Tale modello ci permette di separare la componente di trend di una serie (come quella del Pil reale) dalla componente ciclica, e per la serie trimestrare ci permette anche di aggiustare per la componente stagionale che la serie presenta. Io avevo una funzione di questo tipo fornitami dal Jefe sulla quale ho iniziato a lavorare. La funzione iniziale che implementava il modello state-space era una funzione univariata, e cioè considerava solo i valori del pil reale effettivamente osservato per determinare il pil potenziale (in sostanza, la funzione prende la serie del pil reale effettiva importata da ISTAT, separa la componente ciclica dal trend, quel trend viene riportato come livello 'potenziale' dell'economia). Come potete comprendere quindi, questa prima versione del modello è estremamente minimale, nel senso che conduce alla stima di un Pil Potenziale che è esclusivamente determinato dal 'filtraggio' (via filtro di Kalman) della serie del Pil effettivo, non ci sono altre variabili che utilizziamo per rendere più 'credibile' questa stima di Pil potenziale. Ma arrivano già le prime sorprese, vi mostro i risultati del modello univariato in relazione alla stima dell'IMF e della Commissione Europea (dal database ufficiale AMECO): 






Come potete riscontrare anche voi, la stima della Commissione Europea, coincide praticamente perfettamente, con la mia stima di output gap con un modello univariato. Questo mi ha certamente fatto provare della soddisfazione per avere eseguito in maniera relativamente corretta la stima, ma ha anche fatto emergere in me alcune perplessità significative sulla bontà della stima della Commissione Europea. Soprattutto dal momento che quella stima di output gap che trovate su AMECO è utilizzata dalla Commissione anche per la valutazioni relative al Patto di Stabilità e Crescita e all'avvio di eventuali procedure d'infrazione....insomma cosa senza dubbio molto rilevante per la vita delle persone...esistendo tecniche di stima molto più sofisticate, siamo sicuri - con il massimo rispetto - che alla Commissione (ove dovrebbero esserci i 'kompetenti') lavorino in modo corretto?

In ogni caso invece, rimaniamo lontani dalla stima dell'IMF, su cui comunque come già vi ho anticipato qui, ho delle perplessità (non solo io, ndr). Nel senso che con un output gap negativo per 27 anni (eccetto la parentesi 2007-2009) non va a minare lo stesso concetto teorico ed empirico di ciclo economico?

In ogni caso, questa era la stima iniziale. Siamo andati oltre. E cioè abbiamo aggiunto un'altra variabile, per rendere la stima del Pil potenziale piu 'credibile' e con elementi che possano restuirle quella 'strutturalità' che il Pil potenziale per definizione dovrebbe avere. Il modello diventa quindi prima bivariato (la prima componente è sempre quella del Pil reale osservato) aggiungendo la forza lavoro (anche come proxy demografica) e poi trivariato aggiungendo gli occupati (proxy del mercato del lavoro). I risultati sono quelli che vi mostro di seguito:

(tolgo la stima di AMECO per facilità visiva perchè il grafico diventerebbe bello 'trafficato'; del resto sappiamo che la stima della Commissione è quasi perfettamente sovrapponibile alla nostra stima univariata)





Il modello trivariato accentua sia i punti di massimo che di minimo della precedente serie univariata come potete vedere. Ci restituisce un output gap maggiormente positivo rispetto al modello univariato nel periodo pre-crisi 2008 e nel post-covid, mentre invece segnala un output gap maggiormente negativo nella fase della crisi/post-crisi dei debiti sovrani. Notate comunque che entrambe le serie hanno lo stesso medesimo andamento di quella dell'IMF ma con un livello differente. Arriviamo poi al lavoro odierno (ancora da ultimare ma vi mostro i risultati provvisori). Aggiungo altre due variabili, la TFP (total factor productivity) per riflettere la capacità produttiva della nostra economia, e l'inflazione (il tasso di variazione del consumer price index - CPI). Prendo la differenza logaritmica (deltalog) di entrambe le variabili. L'inflazione la tratto come variabile osservata del modello (esattamente come forza lavoro e occupati, variabile osservata significa che il modello utilizza i valori effettivi verificati come input informativi per stimare la variabile latente cioè il pil potenziale). La difficoltà arriva per la gestione della TFP che Decido di trattare come variabile latente.

(questo aspetto forse andrà rivisto....)

Comunque il risultato è quello che segue: 




La serie appena stimata parte dal 2002 perchè i dati del CPI sono disponibili su ISTAT solo da quella data. Il risultato è abbastanza simile a quello del modello trivariato (il modello attuale considera meno negativo l'output gap nel periodo crisi debiti sovrani/governo Monti) mentre conferma gli output gap fortemente positivi del pre-crisi 2008 e post covid. Il lavoro è ancora provvisorio, e lo collegheremo quando la stima sarà definitiva al saldo fiscale e al saldo primario, per poter valutare il comportamento della politica fiscale italiana negli ultimi 30 anni. Per il confronto con la stima dell'IMF il giudizio del 'Jefe' sul mio lavoro e sul paragone dell'IMF sarà insindacabile, e vi aggiornerò.

Intanto, buona pasqua macroeconomica a tutti...




mercoledì 16 aprile 2025

Disciplina fiscale e dove trovarla

Nei giorni scorsi mi è capitato di parlare dell'esperienza del governo Monti con una persona che ne dovrebbe sapere abbastanza. Chiaramente sotto il profilo macroeconomico che, come sapete, è la mia materia di interesse. Il tema centrale, non ve la voglio fare lunga, era legato al fatto che quel governo, in un contesto economico recessivo già avviato, decise, data la grave situazione delle nostre finanze pubbliche, di adottare politiche fiscali fortemente restrittive. Questa scelta è apparentemente in contraddizione con quella che è la teoria macroeconomica standard, che prevederebbe che durante fasi recessive la politica fiscale sia espansiva per rilanciare e sostenere l'economia depressa, e sia invece restrittiva e conservativa quando l'economia cresce. Secondo la teoria standard la politica fiscale dovrebbe dunque operare in senso anti-ciclico, mentre invece, nel caso del Presidente Monti, operò in senso pro-ciclico. Quello che ho sempre pensato vada aggiunto a questa considerazione fondamentalmente corretta, considerazione che è stata anche ampiamente utilizzata dagli economisti critici di quell'esperienza di governo, è che in realtà in Italia negli anni precedenti (e anche nei successivi), la politica fiscale non sia mai stata realmente anti-ciclica. Del resto, politica fiscale anti-ciclica significa si spendere quando le cose vanno male, ma significa anche tagliare le spese ed essere lungimiranti quando le cose vanno bene e l'economia cresce, e sappiamo che ai politici 'Itagliani' non piace affatto tagliare le spese, ne tantomeno essere lungimiranti. Questa discussione mi ha dato l'input per cercare una risposta nei numeri, cercando quindi di rispondere alla seguente domanda: è vero che in Italia la politica fiscale ha sempre avuto un atteggiamento pro-ciclico, portando la politica a spendere tanto anche in fasi di relativo benessere? Perchè se questo fosse vero, l'argomentazione secondo cui Monti sbagliò a fare politiche pro-cicliche, crollerebbero istantaneamente, nel senso che prima o poi un atteggiamento più restrittivo dal punto di vista fiscale andava adottato, e nel caso di Monti,  questo coincise con un periodo recessivo agendo quindi in senso pro-ciclico, esattamente come si agiva in senso pro-ciclico prima quando in fasi 'normali' la politica sguazzava nelle espansioni fiscali. 

Come riferimento per i dati utilizzo il Database WEO del Fondo Monetario Internazionale. Le variabili che seleziono per cercare di rispondere alla domanda di cui sopra sono le seguenti: selezioniamo subito il debito pubblico netto in % del Pil, che è una delle variabili più rilevanti che non possiamo non considerare in relazione a quegli anni e a quell'esperienza di governo. Seleziono poi il saldo primario di bilancio pubblico, espresso anch'esso in % del Pil che misura in sostanza quanto un governo spende o risparmia rispetto alla dimensione totale dell'economia esclusi gli interessi sul debito pubblico. Se questo saldo è maggiore di 0 significa che lo Stato spende di meno di quello che incassa (al netto degli interessi sul debito), viceversa se negativo significa che spende di più di quello che incassa. Mi manca ora una variabile che personalmente definisco 'di equilibrio'. E cioè quella variabile che mi permette di comprendere quale sia, in un dato momento storico, lo stato di salute di un'economia. Scelgo quindi in questo caso l'output gap in % del Pil. Che cos'è l'output gap? L'output gap è la differenza tra il Pil effettivo osservato in un dato momento, ed il Pil Potenziale di un'economia. Il Pil potenziale è un concetto un po' astratto, nel senso che non ne esiste una misura precisa, esistono delle  stime, che diverse istituzioni globali (come il FMI) sviluppano. Il Pil potenziale rappresenta il livello di Pil che un'economia data la sua struttura (cioè dato il suo mercato del lavoro, la sua produttività, la sua capacità produttiva) può sostenere nel lungo periodo senza generare pressioni inflazionistiche.


(...su queste stime di Pil potenziale, siccome gioca un ruolo il noto filtro di Kalman, scriverò forse qualcosa piu avanti....)


In sostanza il discorso è il seguente: quando il Pil effettivo osservato è maggiore del Pil potenziale di un'economia (il che implica un output gap positivo), quell'economia sta vivendo sopra le sue possibilità, e cioè sta vivendo una fase di crescita superiore a quella sostenibile nel lungo periodo. In un contesto di questo tipo (output gap positivo) ci dovremmo aspettare, secondo la teoria economica, una politica fiscale contenuta e responsabile (dovremmo quindi aspettarci in riferimento alle altre variabili che abbiamo selezionato un avanzo primario di bilancio pubblico, ed una riduzione del debito).

Viceversa quando il Pil effettivo osservato è minore del Pil potenziale (il che implica output gap negativo) significa che quell'economia sta vivendo una fase negativa nella quale è sotto il livello di crescita che potrebbe sostenere data la sua struttura produttiva nel lungo periodo. In questo caso, se la Politica fiscale opera correttamente (cioè in senso anti-ciclico) dovremmo aspettarci un'espansione fiscale (e ipoteticamente possiamo accettare un aumento del debito ed un disavanzo primario). 

Queste sono le nozioni teoriche da cui parto. Vediamo però i numeri. Sviluppo questa analisi per Italia, Francia, Germania e Paesi Bassi a partire dal 1995 ad oggi. Nelle barre grigie vedete il debito in % del Pil (lo leggete sull'asse di destra), la linea tratteggiata è invece l'output gap (ricordate, quando è negativo ci aspettiamo una politica fiscale espansiva, quando è positivo una restrittiva) ed infine la linea 'completa' rappresenta la terza variabile che ho selezionato e cioè il saldo primario di bilancio pubblico (output gap e saldo primario si leggono entrambi sull'asse di sinistra).





La prima considerazione che mi sorge se 'zoommiamo' sull'Italia, è che l'output gap è sostanzialmente sempre negativo, tranne una breve parentesi tra il 2005 ed il 2008 ed il post covid attuale. Nei fatti questo ci potrebbe portare a conclusioni affrettate e molto forti, nel senso che un output gap negativo per molti anni giustificherebbe parte della tendenza espansiva della poltica 'itagliana'. L'output gap come già detto è frutto di una stima, tipicamente utilizzando filtri (Kalman filter o HP) che la rendono particolarmente sensibile ai valori marginali della serie. L'utilizzo dell'output gap ha quindi alcune controindicazioni. Scelgo comunque di utilizzare l'output gap e procedere lungo questo path dal momento che diverse istituzioni economiche (ECB e Commissione europea su tutti) ne fanno ampio utilizzo per le loro valutazioni di policy. L'esperimento che potrò magari sostenere più avanti, è utilizzare stime dell'output gap di altri istituti. Ma oggi come detto procediamo su questa strada (usiamo al stima del FMI).
Come potete vedere nella prima fase del campione temporale siamo gli unici che registrano un gap cosi marcato tra saldo primario (sempre positivo - quindi in avanzo - fino al 2008) e output gap, che è negativo. 
Ora nello specifico se zoommiamo sul periodo 2008-2013, periodo nel quale si insedia ed opera il governo Monti, nei 4 paesi che ho selezionato come campione siamo gli unici che gestiscono la crisi in maniera cosi 'moderata' , questo chiaramente, anche perchè le situazioni di partenza erano diverse. 







Francia e Olanda data la crisi rispondono con un forte aumento delle spese (saldo primario negativo -4% rispetto al Pil in Olanda e -5% in Francia). In Germania la reazione è più moderata (-2,29%), in Italia si registra un disavanzo primario 'solo' dello 0,085% sul Pil. Si può chiaramente obiettare, come del resto ben si vede dal grafico, che la posizione debitoria netta in % del Pil era molto diversa tra i 4 paesi (noi avevamo e abbiamo tutt'oggi quella nettamente più alta). Tuttavia il debito netto in % del Pil è comunque cresciuto durante il governo Monti ('l'effetto denominatore' del rapporto debito/pil)....dunque dov'è la ratio?

Ciò che poi mi colpisce è se confrontiamo il saldo primario in % del Pil antecedente alla crisi (e quindi al riquadro rosso). Noi eravamo il paese con gli avanzi primari più importanti in % del Pil sino al 2008. E anche questo è un qualcosa che tipicamente non emerge nel dibattito pubblico. 


(nel grafico di seguito noi siamo la barra completamente colorata di nero, esattamente quella che per i primi anni del campione svetta di più.....)







Quello che mostrano questi dati è che non eravamo poi cosi fiscalmente indisciplinati e irresponsabili come si tende a pensare, quantomeno rispetto ad altri paesi europei come Germania ed Olanda, che rientrano tipicamente nei 'falchi'. Anzi per paradosso data quella che è l'indicazione dell'output gap (che è una stima da prendere con le pinze e che più avanti mi prenderò la briga di confrontare con altre stime di altri istituti) la politica fiscale sarebbe dovuta essere più espansiva.

Va sempre sottolineato che la nostra posizione debitoria è (come abbiamo visto nei grafici sopra) molto più grave rispetto a quella degli altri, e questo implica maggiore necessità di registrare avanzi primari più cospicui e rilevanti, avanzi che però nei fatti in quel periodo abbiamo registrato come ben si vede nel grafico appena sopra. Diamo uno sguardo in chiusura a quanto accade al saldo primario in tempi più recenti: 








Prima osservazione, nel 2012 (governo Monti in carica da 1 anno) registriamo l'avanzo in % del Pil più significativo, in un contesto dove Francia e Olanda registrano disavanzi. Nel 2021 registriamo il peggior disavanzo tra i paesi selezionati (c'era la crisi covid ma c'era anche Draghi...). Nel 2024 siamo i 'meno peggio' e per il 2025 il FMI prevede un lieve avanzo, in controtendenza con gli altri paesi del campione. Sottolineo che la Germania, come noi, non registra un avanzo primario dal 2019...

Tornando però alla domanda regina di questo post....quindi siamo stati veramente cosi indisciplinati dal punto di vista della politica fiscale prima del governo Monti? Si è speso più di quello che ci si poteva permettere in fasi di relativa crescita? 

Guardando questi numeri la risposta è no. Il discorso è tuttavia più ampio e le variabili da prendere in considerazione sono probabilmente più di quelle che qui vi ho mostrato. Monti ebbe comunque il merito di restituire un po' di credibilità internazionale e affidabilità al nostro paese, e di questo gli va dato atto. Tuttavia, guardando questi numeri crollano come castelli di sabbia diverse narrazioni. In ogni caso cercherò di mostrare questi grafici a chi di dovere, monitorerò le stime di output gap di altri istituti (perchè queste del FMI portano a conclusioni decisamente radicali) e poi potremo avere le idee ulteriormente più chiare...

La seduta è sospesa.



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